Ucraina: è arrivata la bufera…

Preferisco un generale fortunato a uno bravo”. Come dar torto a Napoleone oggi che sul fronte settentrionale ucraino sembra che per un inspiegabile allineamento di pianeti si siano contemporaneamente trovati di fronte un generale bravo e fortunato e un altro sfortunato e per certi versi incapace. Tuttavia in guerra questo succede più spesso di quanto si creda e causa sempre grandi disastri.

mezzi russi distrutti nei primi mesi dell’offensiva russa – fonte WEB

Basta ricordare i nostri di generali nell’ottobre del ’17, tra Plezzo e Tolmino, oppure Lucas, spiaggiato e immobile ad Anzio e gli esempi potrebbero continuare. Per ora non sappiamo né il nome del generale ucraino né quello del suo avversario russo. Tuttavia al primo va di certo il merito di aver fatto tracollare un terzo dell’armata russa d’Ucraina mentre sul secondo incombe la responsabilità di non essere stato in grado di impedirlo.

Dopo questa premessa sul peso che il fato ha sulla condotta della guerra, tentiamo una ricostruzione dei fatti, a partire dai pochi e confusi elementi in nostro possesso, in primo luogo dalla situazione generale al 5 di settembre, il giorno precedente l’inizio dell’offensiva .

Su un fronte lungo quasi 800 chilometri, esteso da Kharkiv, a pochi chilometri dal confine russo, a Kherson, città quasi sul mar Nero, da un paio di mesi non succede quasi nulla. L’ultima offensiva russa ha portato alla conquista delle due città gemelle di Severodonetzk e Lysichansk e alla presa di quasi tutto il Donbas, poi quasi più nulla se non incesanti e mortali bombardamenti d’artiglieria su quasi tutto il fronte, frammezzati da piccoli attacchi locali e da incursioni di missili e aerei.

Al di là del Dnepr Kherson fin dai primi giorni di guerra è occupata da una robusta guarnigione russa. Dalla città, che in molti chiamano “il balcone su Odessa”, parte una striscia di terreno larga un centinaio di chilometri in pieno controllo russo che congiunge la regione del Donbass alla Crimea. E’ il “corridoio terrestre” che ha messo in sicurezza le basi e i porti della Crimea dal tiro dei missili ucraini e che garantisce l’alimentazione tattico-logistica tra nord e sud del teatro di operazioni. Melitopol, il porto di Berdiansk e soprattutto Mariupol sono i nomi che lo identificano agli occhi di tutti.

Andamento del fronte russo-ucraino agli inizi di settembre 2022 (mappa P.Capitini)

A nord, dalle parti di Kharkiv, le attività militari si sono limitate a un costante tiro di artiglieria e a qualche lancio di missili su obiettivi ritenuti militari. La città, la seconda per importanza di tutta l’Ucraina, è ancora sotto il controllo di Kiev ma sui numerosi sobborghi come su tutte le autostrade e ferrovie che conducono in città, Mosca esercita uno stretto controllo il che fa di Kharkiv una città sotto assedio.

Nel sud-est, in quel grande spazio tagliato da fiumi e foreste, una piccola città gioca un ruolo decisivo per l’intera armata russa: Kupiansk che i russi si sono precipitati a occupare già nei primi giorni dell’operazione militare speciale.

110 chilometri a sud di Kharkiv, 70 da Izium, ma solo 50 dal confine russo, Kupiansk prima della guerra aveva circa 25.000 abitanti, ma quel che conta oggi per Mosca è il centro nodale della ferrovia che da Belgorod in Russia conduce a sud, verso il Donbas. A Kupiansk si incrociano anche l’autostrada P07 che da est a ovest congiunge il confine russo con Kharkiv e l’autostrada P79 che collega Kharkiv con Yalta in Crimea. Per il comando russo Kupiansk è la più importante base logistica avanzata che alimenta l’intero Donbas.

Più a sud-est, nella grande ansa del Dnepr, i combattimenti si sono fissati attorno alla zona di Zaporizhzhia . Qui il grande fiume, in qualche punto largo più di un chilometro, ha arrestato l’avanzata russa alla sua sponda orientale. L’unico obiettivo di prestigio raggiunto dai russi è la centrale nucleare di Enerhodar, un centinaio di chilometri a sud di Zaporizhzhia e per sua sfortuna sulla sponda orientale. Prima della guerra questa che è la centrale nucleare, la più grande d’Europa, forniva di elettricità un quarto dell’Ucraina, ma da quando èfinita in mano russa la produzione è progressivamente scesa fino a cessare del tutto. La comunità internazionale a più voci ha chiesto, minacciato e a volte implorato di escluderla dal territorio di guerra, vista la pericolosità intrinseca dell’impianto, ma Mosca, pur consentendo l’ispezione dell’impianto da parte di una delegazione della AIEA, ha continuato a occuparla utilizzandola come deposito avanzato di materiali per il fronte sud.

la centrale atomica di Zaporizhzhia – Enerdohar (foto RAI PLAY)

A est del grande fiume, a partire da Izium e Severodonetz, si apre la grande regione del Donbas. Fin dall’inizio delle ostilità le due province di Donetz e Lugansk sono in gran parte in mano russa e alle milizie delle autoproclamate repubbliche. Assieme alla Crimea il Donbas è il motivo per il quale Mosca ha scatenato la guerra e in molti pensano che una volta ultimata la conquista Mosca si siederà al tavolo della pace. Ne manca una piccola porzione, qualche chilometro a est di Severodonetz, dove la linea di contatto si appoggia alle città di Sloviansk e Kramatorsk, capisaldi della difesa uscraina.

Eccoci dunque di nuovo a Kherson. L’intera città si trova sulla riva occidentale del Dnepr ed è circondata dall’esercito ucraino. Per entrare e uscire dalla città esistono, anzi esistevano, solo due ponti: il ponte Antonosky e quello sulla diga di Nova Kachowka. Entrambi da mesi sono obiettivo dell’artiglieria ucraina che li ha messi fuori combattimento. Ma non solo. Anche i numerosi ponticelli che superano la rete di fiumi e canali che circondano la città sono per la maggior parte distrutti. I genieri russi fanno del loro meglio per allestire qualche ponte di barche o rimettere in acqua delle chiatte che regolarmente vengono colpite con precisione millimetrica dai razzi HIMARS, dono degli Stati Uniti. Rifornire la città in quelle condizioni è una impresa disperata. Corre voce che i russi abbiano intenzione di abbandonare la città, ma risulta difficile crederci. In primo luogo perché alle loro spalle non c’è più una vera via di fuga e a meno di un accordo di “cessate-il-fuoco” una ritirata equivarrebbe a un massacro. Secondariamente perché Kherson e ancor più Nova Kachowka controllano il grande invaso e il primo tratto di quel grande canale nord-Crimea che assicura il rifornimento d’acqua dolce alla Penisola.

“Il nastro giallo” – simbolo della resistenza ucraina -sul muro di un’abitazione in territorio occupato

A completare il quadro, alle spalle della linea del fronte, nelle città come nelle campagne, l’attività di “zheltaya lenta”, il nastro giallo simbolo della resistenza armata ucraina diventa giorno per giorno più incisiva. Sabotaggi, imboscate a veicoli isolati, uccisioni di collaborazionisti, propaganda e spionaggio rendevano impegnativo per i russi il controllo delle aree conquistate.

Questa dunque la situazione all’inizio di settembre, pochi giorni prima del cataclisma.

Il presidente ucraino Volodymir Zelensky (foto WEB)

Per tutta l’estate il presidente ucraino Zelensky non aveva perso occasione per annunciare l’imminente avvio della grande offensiva che avrebbe portato alla liberazione di Kherson e poi della Crimea, ma come tutti sanno le offensive si fanno, non si annunciano.

Tuttavia un qualche fondo di verità il comando russo doveva avercelo trovato visto che durante quasi tutta l’estate aveva iniziato ad ammassare truppe tra Kherson e Zaporizhzhia, pronte a parare il colpo ed eventualmente contrattaccare.

Per avere un’idea più precisa è bene tenere a mente qualche numero. Nel sotto-settore nord, quello per intendersi che verrà poi travolto dall’offensiva ucraina, il comando russo aveva posizionato dai 17 ai 20 gruppi tattici a presidio di un fronte di circa 140 km i cui punti nevralgici erano Izium e la richiamata Kupiansk. Per intenderci un gruppo tattico è una formazione di combattimento formata da 800 – 1200 uomini e da unità di carri armati, genio, artiglieria, trasmissioni in grado di condurre autonomamente azioni di combattimento in un settore limitato.

Immediatamente a sud, nel Donbas vero e proprio le cose non andavano un gran che meglio, visto che per controllare un tratto di fronte di 240 km c’erano dai 13 ai 15 gruppi tattici. Le cose cambiavano nel profondo sud, lungo il citato “corridoio terrestre”.  Qui tra Mariupol e Melitopol, su 200 km di linea di contatto, erano presenti 17 gruppi tattici; 27 erano quelli assegnati all’area di Kherson e alle loro spalle, altri 27 componevano la riserva operativa. Insomma tra il settore di Kahrkiv e il Donbass erano stati ritenuti sufficienti non più di una trentina di gruppi tattici, mentre a sud ce n’erano quasi settanta, il che sembrava dirla lunga su dove i russi si aspettassero l’offensiva. Rimaneva un dubbio se gli ucraini avrebbero attaccato direttamente Kherson oppure avrebbero preferito partire dalla zona di Zaporizhzhia. Sulla possibilità di un attacco massiccio al nord nessuno sembrava crederci.

Questo almeno fino al 6 settembre.

andamento della linea di contatto nel settore nord il giorno dell’inizio dell’offensiva ucraina (carta p.Capitini)

Qui per completezza devo accennare alle due opinioni che descrivono le ragioni del successo della offensiva in corso. La prima sostiene che l’attacco a nord faccia parte di un complesso piano di depistaggio, studiato, pianificato e organizzato con grande anticipo secondo le tecniche operative proprie della maskirovska. Vale a dire un gigantesco piano di inganno che attraverso un sapiente dosaggio di azioni, dichiarazioni, piccoli atti tattici e spostamenti di truppe alla fine aveva convinto i russi che Kiev avrebbe davvero attaccato al sud mentre invece il piano era sempre stato di partire con un deciso attacco a nord.

L’altra corrente di pensiero, invero minoritaria ma alla quale mi associo, ritiene invece che ci fosse ben poco di pianificato nell’attacco che sta portando quasi al collasso l’esercito di Mosca.

Secondo i sostenitori di questa tesi gli ucraini non stavano conducendo alcuna vera controffensiva e neppure un contrattacco, ma un semplice test per saggiare la possibilità di condurre qualche azione un po’ più fortunata di quelle condotte a sud e regolarmente respinte dai russi. Si voleva cioè testare un cambio di tattica che invece di puntare a manovre coordinate su ampia fronte, concentrasse il fuoco chirurgico dei razzi HIMARS su bersagli di alto valore tattico su un fronte ampio 3 o 4 km e una profondità di 10 km. Aperta una breccia si sarebbe quindi avanzato, visto e valutato il da farsi. Tutto qui.

A indiretto sostegno di questa tesi di minoranza si può portare il fatto che destinare tre sole brigate a questa che è ora definita “la grande offensiva”, sembra davvero un po’ poco. Sta di fatto che sono stati i reparti esploranti della 80a e della 25a brigata aviotrasportata insieme a quelli della 93a brigata meccanizzata a iniziare l’azione nei pressi del villaggio Milova. Il loro movimento era stata preceduto per circa 12 ore dal fuoco di preparazione di artiglieria eseguito con lancio di razzi HIMARS a guida GPS utilizzati in modo intermettente su obiettivi pianificati e su altri di opportunità svelati durante il bombardamento.

Lancio di razzi HIMARS a guida GPS (foto WEB).

Il 6 settembre, 2000 soldati ucraini, con si e no una trentina di carri armati e il doppio di veicoli da combattimento per la fanteria, con tutta la prudenza del caso si erano dunque presentati in quella che poi si rivelerà essere una breccia di 3×10 km. Certamente in una situazione come questa avere a disposizione il quadro completo e aggiornato delle posizioni e delle attività dei russi non è stato fattore da sottovalutare e in questo il ruolo della NATO e degli Stati Uniti nel garantire un continuo e attendibile flusso di informazioni di situazione è stato fondamentale, tuttavia non giustifica la mancata reazione russa, specie nelle prime ore. Nessuno sparava; nessuno richiedeva missioni di supporto aereo ravvicinato; nessuno comandava un concentramento di artiglieria. Nessuno insomma che nelle prime ore avesse provato a richiudere la breccia, sebbene a meno di qualche chilometro fosse posizionata un’intera brigata russa.

Qui è necessario introdurre un elemento che fa sempre fatica a trovar spazio nei resoconti di battaglia: il fattore umano. Cosa è successo ai russi e perché?

Cosa sia accaduto è ormai chiaro a tutti: il panico. Più interessante è riflettere sul perché una parte dell’esercito di Mosca abbia iniziato a fuggire anziché reagire e qui i fattori da considerare iniziano a essere parecchi. Partiamo ad esempio dalla qualità della truppa, dal livello di addestramento ricevuto, dall’esperienza di combattimento maturata, dalla percentuale di veterani nelle minori unità. Si potrebbe poi passare alla qualità dei comandanti anche ai minori livelli. Avevano in mano i loro reparti o no? Poi si potrebbe parlare degli ordini ricevuti, della pianificazione dei comandi, del morale e di mille altre cose che messe tutte insieme fanno dire a un soldato “prendo il fucile e combatto” oppure “ lascio tutto e scappo”.

Per evitare di indulgere in facili ironie immaginate per qualche momento di essere soli in un avamposto sperduto, dopo tre mesi che fate sempre la stessa cosa, senza aver effettuato nessuna esercitazione di allarme e magari con il vostro capitano o il sergente che giocano a carte con voi oppure postano video su Telegram. D’improvviso sentite sparare, rumore di cingoli, altri spari. Chiedete alla radio che sta succedendo e vi rispondono che non ne sanno nulla. Qualcuno inizia a parlare di battaglioni di assassini che vengono a tagliarvi la gola, a spararvi sulle rotule…Se a questo punto non avete qualcuno che vi sveglia dall’incubo e vi ricorda che avete munizioni, armi, addestramento e coraggio per resistere, l’unica cosa che farete sarà fuggire. E questo sembra essere successo in un generale “si-salvi-chi-può” che rischia di essere mortale per l’intero esercito russo d’Ucraina.

Tutti gli eserciti hanno sperimentato quest’agghiacciante psicosi. Noi a Caporetto, quando le seconde e le terze linee si dissolsero al solo grido de “Arrivano i tedeschi” mentre la prima linea combatteva ancora. Successe anche a Verdun nel ‘16 dove i francesi arrivarono a un pelo dal collasso ma per loro fortuna trovarono un capo che disse ai fanti smarriti l’unica cosa che volevano sentirsi dire: “tranquilli, gliele daremo!”, e non dimentichiamoci poi dei fanti di Saddam Hussein dallo sguardo allucinato o dei marines argentini alle Falklands. Insomma, la casistica è lunga e da oggi si aggiungerà il caso del collasso del sottosettore nord del fronte russo-ucraino nel 2022.

Situazione nel settore di Kharkiv a un giorno dall’inizio dell’offensiva. Gran parte delle guarnigioni russe stanno già abbandonando le posizioni.

Gli stessi attaccanti ucraini sono rimasti sorpresi della facilità con cui percorrevano senza combattere le strade contese al costo di decine di vite nei mesi precedenti. Sembra che quando nelle sale operative ucraine la situazione è iniziata a farsi più chiara l’unica indicazione ricevuta sia stata “Andate avanti finché avete carburante”. Nel frattempo anche la 3a brigata corazzata si era unita a quella che da una ricognizione in forze si stava trasformando in un’offensiva vera e propria.

Situazione a tre giorni dall’inizio dell’offensiva. Kharkiv, Kupiansk Izium sono liberate, si combatte a Lyman (carta P.Capitini)

Nel giro di due o tre giorni Kharkiv e tutti i suoi sobborghi, Balklijia, Izium, Lyman e Kupiansk e persino la periferia di Serodonetsk sono state liberate. Dei fuggitivi si hanno ad oggi poche notizie, così come ancora non si ha traccia di una coordinata reazione russa. Si sa che il 3° corpo d’armata ancora in via di allestimento e di addestramento, è stato inviato di gran carriera a contenere l’enorme sacca che si è realizzata. Allo stesso modo alcuni reparti dislocati al sud sono stati inviati in tutta fretta al nord, ma il controllo ucraino delle principali autostrade e di tutte le linee ferroviarie nord-sud del Donbas rende molto lento il rischieramento.

situazione al 14 settembre Lyman è caduta, si combatte nei sobborghi di Severodonetzk, si presume una reazione russa a breve (carta p.Capitini)

Potrebbero essere inviati altri reparti direttamente dalla Russia che dista solo qualche decina di chilometri dal luogo del disastro. Si potrebbero di certo fare e organizzare molte cose, ma al momento non si avverte la presenza di nessuna iniziativa davvero concertata in grado realisticamente di contenere il disastro, congelare la situazione almeno fino all’inizio delle piogge di autunno atteso per la metà di ottobre.

Nel frattempo un aiuto indiretto potrebbe venire a Mosca proprio dall’ampiezza del successo di Kiev. Non va sottovalutato infatti che gli ucraini nella sacca sono troppo pochi per controllare e tenere uno spazio così grande. Certo, si può essere sicuri che Kiev stia facendo di tutto per inviare altre unità per consolidare il successo e che queste, muovendo per linee interne, impiegheranno molto meno tempo di quelle che Mosca sta verosimilmente destinando a contenerle.

Carro russo in combattimento (foto WEB)

C’è da immaginare che in pochi giorni la situazione si riequilibri, ma al prezzo di perdite territoriali molto significative da parte russe. Izium, Lyman ma soprattutto Kupiansk erano infatti nodi vitali per la organizzazione logistica russa, senza i quali far arrivare un litro di gasolio, un proiettile o un uomo in Donbas inizia ad essere difficile.

Cosa succederà a breve? L’esercito russo collasserà? Putin avvierà trattative oppure scatenerà una risposta ancor più violenta? Si tratta di una disfatta o di un diabolico trappolone teso ai danni degli ucraini?

Come si vede a oggi le domande superano di gran lunga le risposte. Potremo infatti essere di fronte al punto di svolta del conflitto, oppure solo a una brutta sconfitta, dipenderà da come sapranno reagire nei prossimi giorni sia l’esercito ucraino sia, soprattutto, quello russo. Di una cosa si può però essere certi, che i russi hanno davvero bisogno di generali fortunati e bravi.

Punto di situazione sull’offensiva ucraina di settembre.

figura 1 – zone interessate dai combattimenti del periodo 1 -10 settembre

  1. VALUTAZIONE

I primi giorni di settembre hanno mostrato l’inizio della più volte annunciata “grande offensiva” ucraina volta a liberare il Donbas e porre le premesse della successiva liberazione della Crimea. Al di là delle dichiarazioni della leadership di Kiev e della propaganda quella ucraina non appare essere un’offensiva vera e propria, vale a dire un’operazione volta a ribaltare il rapporto di forze, conseguire importanti obiettivi sul terreno e permettere all’esercito di Kiev di riprendere l’iniziativa.

Le operazioni si sviluppano essenzialmente attorno a KHARKIV e nel settore centrale tra IZIUM e DONETSZ.  Ciò che si evidenzia è che le unità ucraine sono riuscite a riprendere numerosi centri abitati occupati nelle scorse settimane dai russi e a riportare la linea di contatto una ottantina di chilometri più ad est, quasi a ridosso dell’allineamento KUPINASK – SEVERODONESTSK_ DONETSK. Quel che si evince è che ancora l’intero esercito ucraino è bloccato in un saliente circondato da tre lati dalle unità russe.

In secondo luogo si rileva che i reparti russi sono stati ritirati dalle posizioni senza opporre una resistenza decisa, ma mettendo in atto una serie di operazioni ritardatrici che hanno permesso al comando russo di recuperare quasi il 100% delle unità schierate nel settore.

Peggio è andata per l’organizzazione logistica che nel frattempo i russi avevano schierato nelle zone occupate e che in gran parte è stata abbandonata in loco con ovvie ripercussioni sull’immediata operatività delle unità ritirate.

Resta infine da porre in evidenzia una domanda fondamentale: dove sono finite le riserve operative russe? Intendo il gruppo di unità pronte, tenute a ridosso del fronte, ma non troppo, in grado di ribaltare il rapporto di forze o di contenere – se del caso – la spinta avversaria. Dai rapporti che ho letto fin’ora non ne ho trovato traccia e questo lascia aperte numerose opzioni, non tutte favorevoli per Kiev.

Finora la mancanza da parte ucraina di un successo decisivo e il riuscito parziale arretramento del fronte da parte russa potrebbero aprire a due possibili scenari. Il primo a una rettifica delle reciproche posizioni che permetta di “congelare” la situazione per tutto l’imminente autunno in attesa di ulteriori sviluppi nei mesi a venire. Il secondo scenario – per il quale non è possibile oggi attribuire un qualsiasi grado di probabilità – potrebbe riguardare un contrattacco russo condotto da nord verso sud a partire dall’area a sud di KHARKIV e diretto a colpire il fianco e il retro del dispositivo ucraino prima che esso riesca a passare dalla postura offensiva a quella difensiva consolidandosi sulle posizioni da poco liberate. L’eventuale successo di un simile contrattacco non rappresenterebbe per i russi la possibilità di riprendere porzioni di terreno del tutto secondarie in questa fase della campagna, quanto di infliggere agli ucraini un attrito e un’usura tali da privarli per molto tempo di ogni possibilità di mantenere o riprendere l’iniziativa.

Volodymir Zelensky, Presidente della Repubblica d’Ucraina (foto WEB)

Sul piano politico interno dei due stati è indubbio che i successi di questi giorni abbiano rafforzato la leadership di Kiev e dato una conferma ai partner occidentali che la politica di mantenere un forte canale di approvvigionamento di armi e munizioni consente a Kiev di proseguire con efficacia la guerra. A Mosca i locali arretramenti non rappresenterebbero un fatto tale da minare l’appoggio alla leadership di Vladymir Putin. Oltretutto c’è da pensare che a questo momento sfavorevole non sarà dato alcun spazio sugli organi di informazione. C’è tuttavia da tenere presente che Mosca mantiene ancora come arma di pressione la duplice opzione di restringere ancora l’erogazione di gas all’Occidente, sia di interrompere l’operazione di trasporto del grano nel mar Nero. Riguardo al problema del gas c’è infine da registrare che a fronte alla paventata limitazione al prezzo massimo del gas lo stesso Putin ha risposto che ciò comporterebbe l’immediata chiusura delle condotte verso l’Europa con conseguenza immediata una profondissima crisi energetica che colpirebbe l’intera Europa.

Per tornare al livello tattico-operativo di competenza, allo stato attuale non si è ancora nelle condizioni di poter fare alcuna ipotesi circa l’esito di questa che risulta essere la prima offensiva ucraina dall’inizio dell’invasione ma che è ancora ben lontana da determinarne le sorti definitive. Tuttavia è bene tenere a mente l’8^ Legge di Murphy: “quando l’attacco procede perfettamente secondo i piani, stai cadendo in un’imboscata”.

Verosimilmente si dovrà ancora attendere l’inizio dell’autunno quando le piogge muteranno sostanzialmente le condizioni del terreno rendendo assai difficoltoso per entrambi pianificare e soprattutto condurre azioni dinamiche di una certa rilevanza.

GENERALITA’

Livello tattico

Dagli inizi di settembre si registra una ripresa delle attività lungo tutto il fronte, soprattutto dal lato ucraino. In diversi settori le unità ucraine hanno preso ad avanzare verso est, rioccupando numerosi villaggi e cittadine a sud di KHARKIV e attorno all’importante snodo ferroviario e stradale di IZIUM. L’avanzata ucraina ha riportato la linea di contatto approssimativamente sulle posizioni immediatamente successive alla caduta delle città di SEVERODONETSK-LISYCHANSK. Progressi minori si registrano invece a sud attorno alla città di KHERSON che è tutt’ora occupata dai russi.

semovente d’artiglieria russo (foto WEB)

Fino ad ora l’avanzata ucraina non ha incontrato una forte resistenza. I reparti di Mosca hanno infatti in gran parte deciso di arretrare ordinatamente cedendo volontariamente spazio agli ucraini. In altri termini non si è ancora combattuta alcuna significativa battaglia nel settore indicato.

E’ quindi ancora troppo presto per valutare le conseguenze operative di quest’operazione offensiva ucraina che tuttavia già da ora non appare come risolutiva sebbene abbia conseguito l’obiettivo di riportare la lotta più ad est e di far diminuire la pressione russa su importanti snodi tattico-logistici del Donbas come KRAMAOTRSK e SLOVIANSK.

Anche la pressione russa sul settore sud, nella zona di MYCHOLAYV e KHERSON, è diminuita in ragione di questo ampio sforzo ucraino che ha obbligatoriamente richiamato forze nel settore nord. Tuttavia potrebbe essere plausibile che una volta esaurita la spinta offensiva delle unità ucraine e prima che esse si consolidino sulle posizioni appena liberate, l’esercito russo possa lanciare un contrattacco da nord verso sud al fine di colpire sul fianco e con un dispositivo non ancora riorganizzato l’esercito di Kiev. I russi infatti controllano ancora la ferrovia da BELGOROD a VELYKIY BURLUK, gli assi stradali collegati e il perno di manovra di SEVERODONETZ.

Da quento si riesce a conoscere da parte russa in questo settore operavano circa una decina di gruppi tattici a livello battaglione appartenenti al Raggruppamento Operativo Voronetz-Nord.

Il saliente dove si stanno sviluppando gran parte delle operazioni offensive ucraine

Settore di KHARKIV.

Nelle ultime 48 – 72 ore reparti ucraini stanno combattendo per la conquista dell’abitato di VELYKIY BURLUK. In precedenza nelle adiacenze si era registrata un’intensa attività di guerriglia condotta da bande partigiane e da reparti di Forze Speciali. Il possesso di VELYKIY BURLUK contribuirebbe a rendere più sicuro il fianco nord del dispositivo d’attacco ucraino e nel frattempo favorirebbe l’avanzata verso la sponda occidentale del fiume OSKIL. Da parte russa si riporta che robusti rinforzi sono stati inviati in zona. L’esito dei combattimenti è ancora incerto.

Kharkiv (foto WEB)

KUPYANSK: la parte occidentale della città è in mani ucraine.

FIUME OSKIL. La cittadina di SENKOVE è in mani ucraine da circa 48 ore. Il luogo è importante in quanto a SENKOVE è ancora attivo uno dei ponti che consentono l’attraversamento del fiume OSKIL e quindi di avanzare ancora in direzione di SVATOVE. Durante la ritirata i reparti russi hanno demolito numerosi ponti, ma non tutti. Ciò potrebbe far pensare a una prossimo contrattacco.

BAKHTYN: probabilmente sotto controllo ucraino.

Zona di IZIUM.

L’area è di forte rilevanza perché considerata porta di accesso alle due città di SLOVIANSK e KRAMATORSK, punti nevralgici dell’intero sistema difensivo ucraino nel Donbas.

Nel settore sembrano operare circa 20 gruppi tattici russi del Raggruppamento operativo Izium. Dal giorno 8 settembre gran parte delle unità russe schierate in città e nelle sue adiacenze sono state fatte arretrare, protette da un velo di forze in retroguardia. Al momento la città è stata ripresa dalle unità ucraine, tuttavia ciò NON HA COMPORTATO la distruzione/neutralizzazione di quelle russe a presidio.

Settore di SLOVIANSK – KRAMATORSK

La conquista avvenuta nel mese scorso delle città di SEVERODONETZ e LYSICHANSK ha dimezzato l’ampiezza dell’originaria area della battaglia ora concentrata tra il fiume SIVERSK-DONETZ e le due città di SLOVIANSK e KRAMATORSK. Queste ultime intercettano due importanti assi viari che, con andamento nord-sud, uniscono le repubbliche separatiste di Donetz e Lugansk al resto dell’Ucraina.

In questo settore operano due Raggruppamenti Operativi russi: il Rostov-Nord forte di circa 10 gruppi tattici e il Raggruppamento Operativo Rostov-Centro composto da altri 6 o 7 gruppi tattici. Il sottosettore a sud di KRAMATORSK e fin oltre DONETZ è affidato invece al Raggruppamento operativo Rostov –Sud forte di circa 17 gruppi tattici. Sul livello di efficienza operativa e sulla capacità offensiva residua di queste forze non si hanno dati significativi.

Combattimenti si registrano da alcuni giorni lungo la linea di contatto da SLOVYANSK a SIVERSK.

Il 9 settembre il comando ucraino ha lanciato un attacco locale contro LYMAN. Notizie non confermate riportano che la cittadina è stata liberata. Anche in questo caso le unità russe si sono ritirate in buon ordine opponendo solo un velo di forze con funzione ritardatrice. Se il possesso di LYMAN da parte ucraina venisse confermato e si potesse disporre di un adeguato numero di forze con logisticamente sostenute lo sforzo potrebbe proseguire lungo l’autostrada M03 al fine di collegarsi con altre unità ucriane provenienti da IZIUM.

La riconquista di SEVERODONETSK potrebbe essere tra gli obiettivi finali di questa controffensiva ucraina, tuttavia i combattimenti sono ancora distanti più di 30-40 km da SEVERODONETSK-LYSYCHANSK. Su quest’ultima città i russi hanno fatto convergere gran parte delle unità fatte ritirare del resto del settore e sembrerebbero decise ad opporre una robusta resistenza.

Settore DONETZ – ZAPORIJIA.

Lungo i quasi 200 km della linea di contatto tra DONETZ e ZAPORIIJA i russi hanno schierato il Raggruppamento operativo Vostok forte di una ventina di gruppi tattici.

centrale atomica di ENERHODAR (immagine da Google Earth)

Questo settore è attualmente abbastanza calmo in quanto la densità delle forze contrapposte è insufficiente per l’avvio di operazioni significative. Cresce invece l’allarme internazionale per le condizioni di sicurezza della centrale atomica di ENERHODAR i cui reattori (fonti ucraine) sono stati spenti. Il raffreddamento del combustibile fissile sarebbe garantito al momento dall’energia elettrica fornita da una ventina di generatori elettrici di emergenza. Si tratta tuttavia di una soluzione precaria e temporanea.

Costruita tra il 1984 e il 1995, è la più grande centrale nucleare d’Europa e la nona più grande del mondo. Dispone di sei reattori, ciascuno capace di erogare fino a 950 Megawatt, Si tratta di reattori più moderni e sicuri di quelli usati, ad esempio, a CHERNOBYL- Sono infatti reattori ad acqua pressurizzata dove ogni è reattore ha due circuiti. L’acqua che mantiene freddo il reattore è cioè su un circuito separato rispetto al secondo, che evaporando fornisce energia alla turbina elettrica.

Settore di KHERSON.

Dal 4 settembre il settore di KHERSON è oggetto di un generalizzato attacco ucraino che finora non ha sortito però risultati decisivi. L’area tenuta dai russi a nord del fiume BUG è una sacca profonda dai 20 ai 50 km e ampia circa 150 km da KHERSON a VYSOKOPILLYA- La testa di ponte di KHERSON completamente al di là del fiume BUG meridionale garantisce a Mosca una fascia di sicurezza alla regione della Crimea e alle altre aree sotto il controllo russo a sud del fiume. Per mantenere KHERSON collegata al resto del territorio ad est del fiume i russi dispongono di un aeroporto e di due sole strade: una diretta verso la CRIMEA e l’altra verso MELITOPOL. Queste due strade convergono su un unico ponte – il ponte Antonesky- da giorni soggetto a costanti bombardamenti da parte dell’artiglieria, dei droni e ora degli HIMARS ucraini che hanno reso il ponte inagibile al traffico pesante. I russi hanno ovviato con la costruzione di una ponte galleggiante al di sotto della struttura.

I combattimenti di questi giorni hanno portato a una leggera contrazione della sacca occupata dall’esercito russo. In particolare risultano liberate la zona a sud di VYSOKOPILLYA. L’intera sacca risulta così contratta, ma i russi mantengono ancora il controllo di KHERSON.

UCRAINA – aggiornamento di situazione per il periodo 11-26 agosto.

la situazione generale nel periodo 11-26 agosto 2022 (foto p.Capitini)

VALUTAZIONE

In questi ultimi quindici giorni si è confermato come l’andamento del conflitto sia ormai indirizzato verso una guerra di attrito di durata difficilmente prevedibile. Una simile condotta bellica si sta dimostrando particolarmente gravosa per l’Ucraina che sebbene supportata in termini finanziari e con armamenti occidentali deve comunque constatare il lento dissanguamento delle sue migliori unità e l’allontanarsi di ogni realistica prospettiva di una grande controffensiva che porti alla riconquista, anche parziale, dei territori ormai in mano russa.

Sul piano internazionale desta sempre maggiore preoccupazione il rapido innalzamento del prezzo del gas che solo in parte può essere imputato alla guerra in Ucraina. Tuttavia i crescenti costi di approvvigionamento e le difficoltà di reperire fonti diverse da quella russa pongono molti paesi europei in una sempre maggiore difficoltà a sostenere la rigidità dell’embargo imposto alla Federazione russa, il che come conseguenza toglie progressivamente efficacia alla misura stessa spingendo la Federazione russa a mantenere alte – per quanto nella sua disponibilità –  le quotazioni del gas. L’effetto che si produce è duplice. Da un lato la vendita del gas sul mercato internazionale non aderente alle sanzioni frutta un extra gettito nelle casse di Mosca e secondariamente provoca danni che potrebbero essere permanenti al sistema produttivo europeo con effetti non inverosimili anche sulla tenuta sociale di molti paesi. Entrambe sono quindi armi di una certa rilevanza in mano a Putin.

Alexander Dugin e sua figlia Daria, morta in un attentato dinamitardo alla periferia di Mosca (foto WEB)

Tale situazione potrebbe- presto o tardi – esacerbare i dissidi sulla condotta e sul supporto alla guerra tra USA ed alleati europei. I primi puntano a una durata quanto più possibile estesa del conflitto nell’intendimento di minare così la leadership russa e determinare una crisi definitiva di quel sistema. I secondi vorrebbero invece una durata limitata del conflitto che riportasse la situazione a quanto di più simile possibile all’anteguerra. Su questa forbice è facile immaginare come la strategia russa sulla condotta del conflitto si inserisca con una certa efficacia. Per Mosca non si tratta quindi di proseguire con azioni militari eclatanti o con una decisa ripresa dell’offensiva; al contrario essa potrebbe avere tutto l’interesse a che sul conflitto cali una sorta di torpore che garantisca la definitiva acquisizione dei territori fin qui passati sotto il loro controllo (Crimea, Donbas e fascia costiera tra Kherson e Mariupol). Questa situazione potrebbe essere ufficializzata con la dichiarazione da parte di Mosca di un Cessate-il-fuoco sulle posizioni fin qui raggiunte. Un simile provvedimento di natura eminentemente militare, ma dalle forti ripercussioni politiche, non andrebbe confuso né con un armistizio, né tanto meno con la pace. Tuttavia si andrebbe a sistemare proprio sul punto di separazione tra desideri europei e americani. Si può seriamente immaginare che Germania, Francia e Italia, per tacere ad esempio dell’Ungheria ignorerebbero la eventuale proposta russa a favore del mantenimento degli aiuti in armi e denaro per Kiev? Difficile pensarlo. Sul fronte della guerra ad ogni costo rimarrebbero forse il Regno Unito, la Polonia, gli Stati baltici e poco altro.

un impianto GAZPROM (foto WEB)

A tale riguardo, anche se non molto pubblicizzato dalla stampa, prosegue il veloce e potente riarmo della Polonia che ormai sembra aver soppiantato la Germania come partner di riferimento americano in Europa centro-orientale. Questo fatto, insieme all’atteggiamento dei paesi baltici e dal recente ingresso di Svezia e Finlandia nella NATO non solo ha spostato i pesi dell’alleanza in Europa ma ne ha anche modificato la postura nei confronti di Mosca.

Per mantenere viva l’attuale gestione della guerra sarebbe ora Kiev a necessitare a che le operazioni proseguano e, se possibile, aumentino in dimensioni e intensità. In questo quadro potrebbero giustificarsi anche le azioni di bombardamento e di forze speciali sia in Crimea sia sul territorio russo a ridosso della frontiera ucraina. Circa alla possibilità di inquadrare in questa strategia di condotta anche il recente attentato contro la figlia di Alexander Dugin non si hanno prove a sufficienza del coinvolgimento dell’Ucraina, questo malgrado la velocissima istruttoria condotta dal FSB russo che in 48 ore sembrerebbe aver individuato l’autrice dell’attentato.

Mentre quindi sul terreno la guerra sembra non progredire non è detto che la situazione rimanga identica a quella di inizio estate, soprattutto per l’approssimarsi della stagione delle piogge che imporrà necessariamente un ulteriore rallentamento delle operazioni.

Qualora l’ipotesi – che resta solo un’ipotesi – di una Russia pronta a congelare il conflitto con un cessate-il fuoco anche il meteo potrebbe fornire un valido aiuto.

GENERALITA

Livello strategico

Il 23 agosto la Repubblica Federale Tedesca e la Repubblica Ceca hanno firmato un accordo per la vendita/cessione di 15 carri armati Leopard 2 versione A4 tedeschi in sostituzione di altrettanti carri T-90 ex-sovietici che la Cechia ha già inviato in Ucraina nell’ambito delle iniziative di sostegno alle forze armate di Kiev.

Il 24 agosto gli Stati Uniti hanno annunciato una nuova trances di aiuti militari all’Ucraina per un controvalore di 2,98 miliardi di dollari. Washington ha specificato che si tratta di sistemi per la difesa aerea, sistemi d’arma contro-drone, radar, artiglierie di vario calibro e relative munizioni. Il programma si svilupperà nei prossimi mesi e anni.

La Polonia prosegue nel suo programma di forte incremento di quantità e qualità delle proprie forze armate. Al riguardo il ministero della Difesa ha comunicato che sono in corso trattative con il governo sud-coreano per l’acquisto di 580 carri armati basati sul modello sudcoreano K2, di 648 obici semoventi K9 e di 48 caccia FA-50.

carro medio sud-coreano K2 black panther – 580 di questi carri equipaggeranno la forza corazzata polacca entro il 2030.

La CNN ha scritto che i primi 180 carri armati K2, prodotti da Hyundai Rotem dovrebbero arrivare in Polonia nel corso del 2022. Anche i primi 48 obici K9, prodotti da Hanwha Defense, dovrebbero arrivare quest’anno. La consegna di un secondo lotto di 600 obici inizierà invece soltanto nel 2024. Sempre in futuro, e sul territorio polacco, a partire dal 2026 è prevista la realizzazione di 800 carri armati potenziati oltre allo sviluppo di obici.

 Il conto economico dell’accordo tra Polonia e Corea del Sud non è stato reso noto. Ad oggi soltanto 15 Paesi schierano più di 2.000 carri armati. La Russia guida la classifica con 12.420, seguita dagli Stati Uniti con 6.612. Francia e Regno Unito ne hanno rispettivamente 406 e 227.

Il 22 giugno, in un sobborgo di Mosca, è stata uccisa Darya Dugin, figlia trentenne di Alexander Dugin, filosofo e si crede ispiratore della dottrina Putin sulla Eurasia. Darya Dugin è stata l’unica vittima dell’attentato che con un ordigno esplosivo telecomandato ha distrutto la sua auto. Al momento non si hanno notizie certe riguardo a mandanti ed esecutori che oscillano dalla pista ucraina fino agli attivisti anti-governativi. Mosca accusa Kiev di aver inviato una propria agente per compiere l’attentato ma gli ucraini negano un loro coinvolgimento. E’ comunque arrivata anche una rivendicazione di un gruppo russo finora sconosciuto, l’Esercito nazionale repubblicano

Nel Regno Unito prosegue il programma di addestramento di personale ucraino da parte dell’esercito britannico. L’obiettivo prefissato è di addestrate in tre mesi circa 10.000 uomini per renderli pronti al combattimento. Sono quattro le basi in UK destinate a tale scopo cui concorrono anche istruttori provenienti da Canada, Olanda, Danimarca, Nuova Zelanda e Paesi baltici.

Il presidente russo Vladimir Putin ha firmato un decreto per l’aumento del 10% degli effettivi delle forze armate. Si tratta di un incremento di 137mila militari. La misura entrerà in vigore dal 1° gennaio 2023. Prevede che l’esercito arrivi a due milioni di unità. Il Cremlino ha dichiarato che in Ucraina sono impiegati solamente soldati volontari e a contratto, respingendo le affermazioni secondo cui si starebbe pensando a una mobilitazione su larga scala.

Sua Santità Papa Francesco ha ribadito l’intenzione di una visita in Ucraina in settembre. Attualmente le relazioni tra Ucraina e Santa Sede si sono raffreddate in seguito alle dichiarazioni di Papa Francesco riguardo i caduti russi della guerra.

Il 25 agosto, sulla piazza commerciale di Amsterdam il prezzo del metano ha raggiunto i 233 euro per MegaWatt/ora. Alcuni governi europei, tra i quali Francia e Germania hanno già annunciato misure di razionamento per il prossimo autunno-inverno. Anche in Italia, sebbene sia in corso la campagna elettorale, inizia a farsi strada la medesima ipotesi. Il ministro dell’Energia italiano ha annunciato che le scorte nazionali sono giunte a circa all’80% della loro capienza, tuttavia il dott. Paolo Scaroni, amministratore delegato di ENI, ha tenuto a precisare che le scorte strategiche di gas, anche al 100% sono in grado di fronteggiare un emergenza di approvvigionamento per un tempo non superiore a 40 giorni e NON CONSENTONO in alcun modo di coprire i consumi ordinari nazionali.

Livello tattico

  • Gli USA invieranno una serie imprecisata di kit per l’adattamento del sistema lanciamissili contraerei a guida laser “VAMPIRE” (Vehicle-Agnostic Modular Palletized ISR Rocket Equipment system) al trasporto e al tiro da bordo di pick-up commerciali. L’arma è utilizzabile da un solo operatore e sembrerebbe avere un uso anti-drone.
Sistema Missili Contraerei VAMPIRE di produzione USA montato su un Pick-up commerciale

  • Sembra che il numero di lanciarazzi statunitensi M142 HIMARS (High Mobility Artillery Rocket System) impiegati in Ucraina sia di circa 20 da considerarsi tutti efficienti. Questo sofisticato sistema d’arma è in grado di lanciare diversi tipi di munizioni tra le quali la M30/31 dotata di guida GPS con gittata di 70 km e la M26 meno sofisticata e che copre una gittata di circa 30 km.
Lancia razzi multiplo M142 HIMARS di fabbricazione USA. Sembra che almeno 20 di questi sistemi d’arma siano operativi in Ucraina (foto WEB).
  • Si intensifica nell’area di Kherson, come in altre località occupate dai russi, l’attività partigiana ucraina. Numerosi sono i sabotaggi alla rete stradale, ai ponti e a veicoli russi isolati, nonché a personale ritenuto “collaborazionista del nemico” condotte da questi nuclei che appaiono sempre maggiormente coordinati con le attività dell’esercito regolare. Il ricorso alla guerriglia partigiana, che si presenta sotto la denominazione del “nastro giallo”, sta avendo un effetto rilevante sui movimenti delle truppe, ma soprattutto sull’organizzazione logistica russa.
  • Nella seconda metà di agosto la situazione lungo l’intera linea di contatto, lunga circa 800 km, non ha subito variazioni significative. Il grosso delle forze russe sembra essere stato rischierato nel settore sud, tra il mare e Zaporizhzhya, in posizione arretrata e baricentrica rispetto all’andamento della linea di contatto. Al momento sembrerebbe che oltre la metà dei gruppi tattici russi siano concentrato nel settore richiamato mentre il resto presidia/controllo i rimanenti sotto-settori nord (Kharkiv – Izium) e Centro (Kramatorsk-Sloviansk). Un simile schieramento sembrerebbe la costituzione di una robusta riserva strategica predisposta per contrattaccare un’eventuale offensiva ucraina condotta tra Kherson e Zaporhijia, ovvero preludere a una ripresa decisa dell’iniziativa russa nel settore sud.
  • Permane lungo tutta la linea del fronte il continuo ricorso al fuoco di artiglieria e missilistico indirizzato a colpire schieramenti di artiglieria ucraina, centri comando, depositi di materiali e munizioni, snodi ferroviari e unità a contatto. Si noti che il tempo medio di intervento dell’artiglieria russa in controbatteria – vale a dire aprendo il fuoco su schieramenti ucraini che avevano a loro volta aperto il fuoco su obiettivi russi – non supera i 2 o 3 minuti.
Lanciatore multiplo per missili superficie-superficie russi S-200 (foto WEB)
  • Fonti interne ucraine non confermate riferiscono di un sempre maggiore logoramento delle unità e dei reparti a contatto. Molte di queste unità sono infatti in linea fin dall’inizio dell’invasione russa. A differenza di quella russa la politica dello Stato Maggiore ucraino è stata di mantenere i livelli organici delle unità attraverso l’invio continuo di rimpiazzi ma con scarsissimi avvicendamenti di unità intere. Ciò ha comportato una profonda variazione nella composizione di questi reparti nei quali il numero di veterani addestrati e pronti è in continuo calo rispetto a quello delle reclute appena immesse.
un’ambulanza ucraina sulla linea del fronte – località sconosciuta (fonte WEB)
  • Altro settore particolarmente critico è quello dell’assistenza sanitaria alle truppe ucraine al fronte per il quali è difficile adottare un’efficace politica di sgombero. Ciò è in gran parte dovuto alla mancanza di personale medico/infermieristico, di posti di primo soccorso e di ospedali ROLE 1 (strutture campali in grado di erogare cure mediche di base, pronto soccorso specialistico, triage, rianimazione e stabilizzazione del paziente) nonché di mezzi MEDEVAC per lo sgombero dei feriti (elicotteri  ambulanze).

KHARKIV.

In questo settore da parte russa operano circa nr 10 gruppi tattici a livello battaglione rinforzati appartenenti al Raggruppamento Operativo Voronetz-Nord. Ad esso si contrappongono circa 4 brigate di fanteria motorizzata e una meccanizzata/corazzata ucraina.

Dopo qualche giorno di minore attività sono ripresi consistenti i bombardamenti sulla città e sulle adiacenze. In particolare il 22 agosto la città è stata colpita da una salva di missili superficie-superficie S-300. Il lancio ha fatto seguito a una serie di sortite di attacco contro le posizioni tenute dalle unità ucraine nella zona di RUBIZHNE. E’ da questa stessa zona che gli ucraini hanno bombardato con le loro artiglierie le linee di rifornimento russe nella zona di VOVCHANSK.

edifici a Kharkiv (fonte WEB)

Tra il 20 e il 24 agosto i difensori ucraini hanno respinto due o tre attacchi locali nelle adiacenze di BARVINKOVE. Località come BRAZHKIVKA, DOVHENKE, e BOHORODICHNE sono attualmente nella terra-di-nessuno o sotto un generico controllo ucraino.

Appare che anche in questo settore la linea di contatto si stia decisamente fortificando su entrambi i fronti, segno d’un improbabile una ripresa a breve dell’offensiva russa in questa parte. La posizione difensiva si sviluppa ora da SOSNIVKA, PRUDYANKA e DEMENTIIVKA, quest’ultima ancora in mano ucraina fino a VELYKI PROKHODY, attraverso MALE VESELE, TERNOVA fino a RUBIZHNE, località queste in mano russa.

Negli ultimi quindici giorni, se si escludono i continui interventi di artiglieria, l’attività della fanteria si è limitata ad alcune puntate offensive e alla ricognizione in forze condotta lungo tutto il settore di KHARKIV – IZIUM.

IZIUM.

La città e le sue adiacenze dopo una pausa di circa un mese, sono di nuovo sotto pressione. L’area è infatti di forte rilevanza perché porta di accesso alle due città di SLOVIANSK e KRAMATORSK, punti nevralgici dell’intero sistema difensivo ucraino nel Donbas.

Nel settore sembrano operare circa 20 gruppi tattici russi del Raggruppamento operativo Izium. Attorno alla città e a nord dell’autostrada l’esercito ucraino ha invece schierato 4 brigate di fanteria motorizzata e corazzata e almeno due battaglioni di fanteria di milizia.

SLOVIANSK – KRAMATORSK

In questo settore operano due Raggruppamenti Operativi russi: il Rostov-Nord forte di circa 10 gruppi tattici e il Raggruppamento Operativo Rostov-Centro composto da altri 6 o 7 gruppi tattici. Il sottosettore a sud di KRAMATORSK e fin oltre DONETZ è affidato invece al Raggruppamento operativo Rostov –Sud forte di circa 17 gruppi tattici. Sul livello di efficienza operativa e sulla capacità offensiva residua di queste forze non si hanno dati significativi.

un combattente ucraino (dal sito di Tom Cooper – foto WEB)

L’area denominata linea difensiva SEVERSK- BAKHMUT è difesa da 20 – 25 gruppi tattici dell’esercito ucraino che rappresentano il meglio dell’armata. Anche in questo caso non è possibile definire lo stato di efficienza operativa e il livello di completezza di tali unità che tuttavia stanno mantenendo saldamente le posizioni affidate.  I combattimenti si concentrano da giorni attorno a BAKHMUT dove le forze russe sono giunte a circa 2 km dalla cittadina.

Si riportano duri combattimenti negli abitati di IVANO-DARIVKA e SPIRNE che rimangono sotto il controllo ucraino.

Nella zona di BAKHMUT gli sforzi russi per la conquista di SOLEDAR, anche se in un primo tempo sembravano destinati a un rapido successo, sembrano ora essersi arenati. Osservatori locali hanno invece riferito di combattimenti casa-per-casa a BAKHMUTSKE. Sembrerebbe che i reparti ucraini siano riusciti a rinforzare la loro artiglieria in quest’area dove i russi incontrano seri problemi ad attraversare il terreno piatto e privo di ogni copertura che caratterizza questa zona. In assenza di progressi sul terreno i russi hanno ripreso i cannoneggiamenti e le incursioni aeree.

Più a sud i russi hanno il pieno controllo dell’abitato di PISKY. Da questa posizione, così come da est e da sud stanno cercando di acquisire il controllo del terreno fino a NEVELSKE. Come risposta sembrerebbe che il comando ucraino abbia rinforzato i difensori con due battaglioni di fanteria di marina.

Si hanno inoltre notizie che la 66a brigata meccanizzata sia entrata in linea nel tratto di settore difensivo tra ZOLOTA NYVA e PAVLIVKA. La stessa unità non era mai stata segnalata in questa zona.

DONETZ – ZAPORIJIA.

Lungo i quasi 200 km della linea di contatto tra DONETZ e ZAPORIIJA i russi hanno schierato il Raggruppamento operativo Vostok forte di una ventina di gruppi tattici. La difesa ucraina è affidata a circa 5 brigate di fanteria meccanizzata e corazzata e ad alcuni gruppi tattici di livello battaglione.

Questo settore è attualmente abbastanza calmo in quanto la densità delle forze contrapposte è insufficiente per l’avvio di operazioni significative.

La situazione all’interno e nelle immediate adiacenze della centrale nucleare di ENERHODAR è ancora confusa. Non vi sono più dubbi che il comando russo stia impiegando l’area dell’istallazione per lo stoccaggio di materiali e munizionamento. Dal canto loro gli ucraini dichiarano che proprio dal sito della centrale sono partiti colpi di artiglieria ai quali sono stati costretti a rispondere. Sembrerebbe che entro la fine di agosto o i primi giorni di settembre una delegazione di esperti dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (A.I.E.A.) visiterà il sito per assicurarsi delle reali condizioni di sicurezza e degli eventuali rischi. Nel frattempo dalla centre si sono verificate frequenti interruzioni nell’erogazione della corrente elettrica, soprattutto verso i distretti e le regioni ancora sotto il controllo di Kiev. La centrale fornisce elettricità a circa un terzo dell’intera Ucraina e la sua eventuale chiusura piomberebbe l’intero paese e le sue infrastrutture in una profonda crisi energetica i cui effetti avrebbero immediati riscontri sui combattimenti. Corre inoltre voce le i tecnici russi stiano lavorando per reindirizzare il flusso di corrente verso le regioni occupate di Crimea e Donbas.

KHERSON.

Tra la fine di giugno e la prima metà di luglio l’esercito ucraino aveva condotto un robusto e dispendioso contrattacco nella parte settentrionale dell’oblast di KHERSON e contro la periferia orientale della città. In particolare era stato colpito il ponte Antonovsky che attraversa il fiume BUG in città con il risultato che i rifornimenti russi per l’area di KHERSON dovranno viaggiare molto più a nord via NOVA KAKHOVKA.

Nei giorni scorsi il comando ucraino ha continuato a condurre una serie di attacchi locali contro le difese russe della città. In particolare nell’area di BLAHODATNE ma senza esiti significativi. Anche gli altri tentativi di acquisire posizioni nella periferia sono per ora senza successo e la guarnigione russa è in pieno possesso della città.

convogli ferroviari ucraini colpiti dal fuoco russo – malgrado l’intensità della campagna aerea russa contro le ferrovie queste assicurano ancora più del 80% dei rifornimenti ai fronte ucraino del Donbas.

Gli unici due ponti (ponte Antonovsky e ponte di Nova Kakhovka) che attraversano il fiume BUG collegando KHERSON all’est dell’Ucraina sono permanentemente sotto tiro dei M142 HIMARS ucraini. Al riguardo sembrerebbe che il genio russo stiano allestendo dei pontoni per garantire un minimo di collegamento con la guarnigione.

L’area tenuta dai russi a nord del fiume BUG è infatti una sacca profonda dai 20 ai 50 km e ampia circa 150 km da KHERSON a VYSOKOPILLYA- La testa di ponte di KHERSON completamente al di là del fiume BUG meridionale garantisce a Mosca una fascia di sicurezza alla regione della Crimea e alle altre aree sotto il controllo russo a sud del fiume. Da un altro punto di vista la stessa zona potrebbe anche fungere in futuro da base di partenza per eventuali offensive russe verso MYCHOLAYV e ODESSA.

Figura 4 Area di Kherson – la città è attualmente ancora in mano russa.

MELITOPOL il quartier generale russo in città e numerosi depositi di materiali, equipaggiamenti e munizioni sono stati colpiti con regolarità dall’artiglieria ucraina. La situazione è abbastanza seria visto che la stessa amministrazione di occupazione ha distribuito alla popolazione dei volantini su come sopravvivere a un attacco di razzi HIMARS.

MYKOLAIV e ODESSA

Continua il lancio di missili e il fuoco aereo e di artiglieria contro obiettivi attorno a ODESSA e a MYKOLAIV. Il 23 agosto quest’ultima è stata colpita da almeno quattro missili superficie-superficie S-300 e da un paio di Kh-31. Elicotteri d’attacco K-59 hanno colpito con razzi una cosiddetta “infrastruttura militare” alla periferia della città.

Elicottero d’attacco russo Ka 52 “Alligator”

Da ODESSA e dagli altri porti ucraini sul Mar Nero prosegue il trasporto di grano verso la Turchia e da qui verso le destinazioni finali.

CRIMEA e Mar NERO Un drone ucraino ha condotto un raid sulla base russa di Sebastopoli in Crimea in pieno giorno colpendo uno degli edifici del comando della flotta russa del Mar Nero. Questo è l’ultimo di una serie di attacchi contro istallazioni militari in Crimea condotte dalle forze armate ucraine. Ciò che ancora è sotto investigazione è se tutte o parte di questi attacchi siano stati condotti solo con missili/velivoli/droni o anche da forze speciali. Questo attacco segue quello avvenuto il 19 agosto presso l’aeroporto di SAKY e che ha comportato la distruzione di alcuni aerei dell’aviazione di Marina.