OH CAPITAN C’E’ GRANO IN MEZZO AL MAR.

foto p.Capitini

E sentiamo Mancinelli, dove sono i Dardanelli?” Cantava Natalino Otto.

La guerra mondiale, l’ultima, era finita da meno di mille giorni e una nuova, stavolta fredda, era già iniziata. Dopo settant’anni chissà se Mancinelli si è informato sui Dardanelli. Come avete capito stiamo parlando del mar Nero, l’altro mediterraneo, che la guerra russo-ucraina ha riportato all’attenzione mondiale e dove galleggiano e talvolta affondano questioni e ambizioni che è bene riassumere partendo dalla geografia.

Il Mar Nero è quel che si definisce un mare chiuso, una sorta di immenso lago salato vasto circa un sesto del Mediterraneo sul quale si affacciano Turchia, Bulgaria, Romania, Georgia e, naturalmente Ucraina e Russia. Le due sponde più lontane distano, da nord a sud, oltre 600 km e circa 1200 da est a ovest. Nel suo punto più profondo supera i 2000 metri. Questo mare ha un solo accesso, una doppia porta in mano da secoli prima all’Impero ottomano e quindi alla Turchia: lo stretto del Bosforo e quello dei Dardanelli. C’è anche un altro stretto sotto il controllo russo ben prima che Putin s’inventasse l’operazione militare speciale. E’ lo stretto di Kerch che lo collega all’appendice orientale del mar d’Azov, un mare vasto quanto Lazio, Umbria e Marche messe insieme e profondo meno di 10 metri. Questa dunque la geografia, ma ciò che fa di questa porzione di pianeta una luogo speciale è la storia. Qui infatti ai toccano delicatissime faglie geo-politiche come quella tra Asia ed Europa, tra mondo musulmano e cristiano o come quella tra NATO e Russia. Al mar Nero guardano anche potenze molto lontane, prima fra tutte la Cina che l’ha messo al centro del corridoio europeo senza dimenticare l’India, quasi tutto il medio oriente e buona parte dell’Africa settentrionale che dai granai ucraini e russi traggono il pane, unica arma in grado di tacitare le loro folle impoverite.

Cupra Montana (Ancona) – grano. (foto p.Capitini)

Eccoci dunque al primo dei temi del momento: il grano. Anche qui è bene tirar fuori qualche numero. Il raccolto del 2021, l’anno precedente alla guerra, ha prodotto in Ucraina oltre 40 milioni di tonnellate di grano in grande parte destinate all’esportazione verso l’Africa e l’oriente. Per trasportarle ci vogliono oltre un milione di TIR, oppure 150.000 treni merci ma solo, si fa per dire, 2000 navi. Ecco quindi che il problema della guerra e della chiusura dei porti settentrionali diventa grave visto che in assenza di un soluzione a breve termine quei 40 milioni di tonnellate rischiano di rimanere a marcire nei silos di Odessa e della altre aree di stoccaggio ucraine. Senza quel grano una buona parte del mondo povero, che l’ONU stima in oltre 450 milioni di persone, rischia la fame più di quanto normalmente non debba subire è già basterebbe per allarmarsi.  E’ inoltre risaputo dai tempi delle scuole medie che l’Ucraina è il granaio non solo d’Europa ma in apparenza anche del mondo. Non dimentichiamo però che in Russia il raccolto 2021 ha prodotto 75 milioni di tonnellate. Si sa che in tema di fitofarmaci, pesticidi e concimi chimici un tantino spinti, la Russia non guarda tanto per il sottile ma sono pur sempre 75 milioni di tonnellate, vale a dire altre 4000 navi. A questo punto tutti ci ricordiamo che tra Russia e Ucraina è in corso una guerra, anzi, un’operazione militare speciale che tra le altre distruzioni  e tragedie ha prodotto la chiusura dei porti ucraini, la distruzione di buona parte delle loro infrastrutture e, per la Russia, una serie di infinite sanzioni economico-commerciali delle quali si fa fatica a tenere il conto. Il risultato è che oggi abbiamo oltre 120 milioni di tonnellate di grano bloccate sulla sponda nord del Mar Nero con nemmeno una delle 6000 navi che servirebbero trasportarle che per il momento disposta ad attraversare gli stretti per andare a caricare.

Il mar Nero è dunque chiuso alla navigazione? Per niente, almeno non a quella commerciale, ma navigare in quelle acque è diventato un tantino pericoloso. Tanto quanto? Come al solito dipende. Ad esempio per Grecia e Malta non molto, mentre per il nostro ministero degli esteri la zona è ad altissimo rischio. Esiste un parametro più oggettivo? Si e ce lo offre chi della valutazione del rischio ha fatto il suo mestiere: il mercato delle assicurazioni marittime. Londra che di questo mercato è sede dal tempo dell’impero britannico, ha inserito l’area marina intorno al Mar Nero e al Mar d’Azov fra le zone ritenute ad alto rischio per la pericolosità alla navigazione mercantile. Il Joint War Committee (Jwc) del settore assicurativo in un avviso di pochi giorni fa ha infatti dichiarato che l’area ad alto rischio è stata ulteriormente ampliata alle acque vicine alla Romania e alla Georgia dopo un precedente ampliamento del 15 febbraio alle acque russe e ucraine nel Mar Nero e nel Mar d’Azov. Sono infatti almeno cinque le navi commerciali che dal 24 febbraio, data di inizio del conflitto, sono state colpite da proiettili, tra cui una che è affondata e un’altra sulla quale un marittimo è stato ucciso dalle schegge di un missile che ha colpito la nave.

Conseguenza più che prevedibile è stata l’innalzamento dei premi assicurativi. Aumenti che arrivano fino al 5% del valore della nave assicurata. In termini pratici una nave che decidesse di arrivare a Rostov-sul-Don, piccolo porto russo sul mar d’Azov e rimanerci una settimana, dovrebbe pagare un sovrapprezzo di oltre 300.000 dollari. E’ logico che in queste condizioni di mercato e con il rischio di imbattersi in una mina sono davvero pochi gli armatori disposti a caricare grano a Odessa.

Mina navale ex-sovietica (foto WEB)

Siamo dunque al secondo dei problemi di cui oggi si discute: le mine navali. Anche qui per chiarezza è bene fare un distinguo; quello tra i campi minati navali posati a protezione dei porti e le mine alla deriva. I primi si concentrano principalmente di fronte a Odessa e a Mariupol e sono stati posati dagli ucraini. Perché? Ma per scoraggiare un tentativo di sbarco dal mare da parte della flotta del mar Nero. I russi dal canto loro negano di aver contro-minato gli stessi accessi. Tuttavia rimane il fatto che attraccare oggi in Ucraina è davvero un mezzo suicidio. La buona notizia è che nel caso si raggiungesse un accordo umanitario, magari sotto l’egida del Programma Alimentare Mondiale (WFP), per l’apertura di corridoi di navigazione ci vorrebbero si e no una ventina di giorni per liberarli delle mine ancorate. “Ancorato” è purtroppo l’aggettivo che fa la differenza.

Nel mar Nero vanno infatti alla deriva un numero imprecisato di mine anti-nave. Chi l’ha rilasciate? Come è ovvio gli ucraini accusano i russi e viceversa salvo poi entrambi sostenere che si tratta di ordigni che hanno fortuitamente rotto l’ormeggio. Tenuto conto di quando sono stati posati i campi minati, delle correnti e dei venti appare tuttavia un po’ strano che alcune di queste mine siano ora spiaggiate in Turchia, in Georgia o in Romania. L’ipotesi che siano state rilasciate alla deriva, non ha prove ma è un fatto probabile. Questa è dunque la cattiva notizia.

Ricercare, individuare e far brillare mine che nessuno sa dove si trovano è infatti un’operazione lunga, molto costosa e dai risultati incerti. Ne sa qualcosa la nostra marina militare che al tempo della guerra del golfo ha contribuito a sminare lo stretto di Hormuz. La domanda successiva è allora: “ chi lo fa?” La marina ucraina non dispone di un solo cacciamine, quella russa ne ha uno solo, classe “Alexandrit”. Ci sono certo quelli della Turchia, della Romania e della Bulgaria, ma ecco che appena si nominano questi tre paesi qualcuno a Mosca ai ricorda che si tratta di paesi NATO con la quale di questi tempi non corre buon sangue.

Ci pensiamo noi” è stata allora l’idea che Londra ha lanciato nei giorni scorsi per la creazione di una “coalizione di volenterosi”, con a capo la marina di sua Maestà britannica e il concorso di altri Paesi (della Nato?). Compito?  Scortare le rotte del commercio e dell’export di grano dall’Ucraina.

Va bene che in questa strana guerra che non è una guerra ma un’operazione militare speciale le convenzioni internazionali e il diritto umanitario e dei conflitti armati sono stati relegati in allegato dell’annesso all’appendice, ma tutt’ora per gli stretti del Bosforo e dei Dardanelli è in vigore una convenzione del 1936 firmata a Montreux tra Turchia, Regno Unito (ma guarda un po’) Francia, Unione Sovietica, Grecia e Romania i cui temi è bene ricordare. Per garantire la sicurezza alla Turchia e agli stati che si affacciano sul Mar Nero la convenzione di Montreux garantisce per il tempo di pace la piena libertà di transito alle navi mercantili di qualsiasi bandiera. In tempo di guerra, se la Turchia come in questo caso non è parte del conflitto, la libertà di passaggio è invece assicurata ai soli mercantili dei paesi neutrali e solo nelle ore diurne e solo rispettando rotte obbligate. Cosa diversa riguarda le navi da guerra per le quali corre sempre e comunque l’obbligo di informare il governo di Erdogan almeno otto giorni prima del transito, limitatamente a flotte di un massimo di nove unità e con un tonnellaggio complessivo di 15.000 tonnellate. Si fanno eccezioni solo per i paesi rivieraschi, come appunto Russia e Ucraina, purché le navi passino singolarmente. Per i sottomarini è consentito il passaggio solo se di paesi rivieraschi – di giorno e in superficie – e solo per entrare nelle loro basi o per farsi riparare. A parte la convenzione mettere migliaia di tonnellate di navi da guerra, armate di tutto punto in un mare minato non appare comunque una buona idea. In conclusione ci troviamo dunque all’inizio dell’estate con 110 milioni di tonnellate di grano russo-ucraino bloccati dalla guerra, dalle mine e dalle sanzioni; con un mare dove galleggiano mine navali come fossero meduse a Riccione e con quasi mezzo miliardo di persone a rischio carestia nei prossimi mesi e, come se non bastasse, nessuna idea di dove stivare il raccolto del 2022 che tra poco qualcuno mieterà.

Da ultimo, ma solo per alimentare con un po’ di malizia una situazione già di per se ingarbugliata, c’è da chiedersi che bisogno o che vantaggio abbia la Russia a risolvere il problema ucraino del grano visto che in questo clima di “guerra ibrida” qualche milione di migranti alimentari che premono alle frontiere meridionali d’Europa farebbero davvero comodo a Mosca che li trasformerebbe in un’arma niente male contro la granitica unità europea. Soluzioni? Al momento se ne vedono poche e velleitarie e noi, come al solito, vedremo.

Apprezzamento della situazione (periodo 4-17 maggio 2022)

VALUTAZIONE GENERALE

Un mese dopo l’inizio della fase decisiva dell’offensiva per la conquista del Donbass, le forze russe controllano a stento una sacca di 15 x 20 km attorno ad IZIUM. Finora sembrano aver rinunciato  a impadronirsi di BARVINKOVE, punto chiave nella rete stradale, a 40 km a ovest di SLOVIANSK. Tale situazione quando considerata in sistema con gli improduttivi attacchi provenienti da sud e in particolare dalla città di DONETSK, porterebbe a pensare che la grande «tenaglia» che avrebbe dovuto circondare l’intera provincia di Donetsk non è attualmente più credibile.

In sintesi, l’offensiva russa si concentra sempre più sulla conquista di SLOVIANSK e di SEVERDONETSK, accontentandosi di contenere le forze ucraine nel resto del Donbass e di mettersi in posizione difensiva nelle regioni di KHARKIV e KHERSON. I russi avanzano molto lentamente, con perdite significative e la battaglia di manovra si sta trasformando sempre più in battaglia di usura dove il precario rapporto di forze tra difensore e attaccante sta progressivamente togliendo ogni slancio alla offensiva. Peraltro le forze ucraine hanno condotto un robusto contrattacco nel settore nord che ha portato alla liberazione di KHARKIV costringendo il comando russo a distogliere alle già esigue forze a disposizione un certo numero di gruppi tattici incaricati di contenere questo contrattacco.

Se il fronte del Donbass, con le sue piazzaforti urbane di SEVERODONETSK, IZIUM, SLOVIANSK e KROMATORSK, continua a resistere forse sarà proprio qui che nei prossimi giorni l’esercito ucraino concentrerà il suo sforzo difensivo. Da parte russa, se si constatasse che il fronte del Donbass settentrionale è ormai bloccato, si potrebbe tentare una nuova offensiva locale nella zona ZAPORIJIA-DONETSK dove hanno il maggior potenziale contro forze ucraine poco dense. Ciò spiegherebbe anche il rafforzamento delle posizioni russe nella regione da parte di unità ridislocate da Donetsk e da Mariupol, dove intanto i combattimenti continuano. Tuttavia, qualora l’ipotesi si dimostrasse perseguibile, è difficile immaginare un risultato importante nella zona di ZAPORIJIA prima di giugno.

Dalla parte di KHERSON i combattimenti hanno raggiunto un equilibrio. L’agitazione in Transnistria, gli attacchi missilistici su ODESSA, la distruzione del ponte di ZATOKA sono comunque segnali da parte russa di voler mantenere l’attenzione e quindi le forze su questo lato, obbligando come conseguenza gli ucraini a fare altrettanto a decremento delle unità destinate al fronte del Donbass.

È invece dalla parte di KHARKIV che gli ucraini stanno concentrando il loro sforzo controffensivo. Il fatto che vi dedichino brigate che potrebbero essere impegnate nel settore di SLOVIANSK dimostra la loro fiducia nella capacità di resistenza di questa città come di SEVERODONETZ.  Nell’immediato, questo ha eliminato la minaccia dell’artiglieria sulla città e a breve termine potrebbe costringere i russi a ritirare forze dalla tasca di IZIUM per rafforzare le loro retrovie sottraendo ulteriori forze ad un’offensiva già precaria.

GENERALITA’

Livello politico-strategico.

  • Il 9 maggio a Mosca e in numerose città russe si è tenuta la parata per celebrare la vittoria sul nazismo nel 1945. L’atteso discorso del presidente Putin è sembrato rivolto più al popolo russo che alla NATO e non sono state date indicazioni circa esito o durata della operazione militare speciale.
  • Il sesto pacchetto di sanzioni economiche contro la Federazione russa non ha ancora visto la luce. Il nodo più controverso riguarda l’embargo alla fornitura di petrolio. Particolarmente contraria a questa misura è l’Ungheria seguita dalla Slovacchia e dalla Bulgaria.
  • I parlamenti di Svezia e Finlandia hanno annunciato di aver avanzato richiesta di adesione all’Alleanza Atlantica. Le due nazioni da tempo collaborano con l’Alleanza e Fonti NATO hanno sottolineato che i tempi per il loro ingresso ufficiale saranno contenuti in qualche mese. Il presidente della federazione russa, Vladymir Putin, ha dichiarato che: “l’espansione provocherà di sicuro una risposta”.
  • Il 14 maggio il segretario alla Difesa americano Lloyd Austin ha avuto una conversazione telefonica di circa un’ora con la sua controparte russa, Sergei Shoigu. Fonti americane fanno sapere che la telefonata non ha risolto alcuna questione pressante, né ha modificato l’atteggiamento russo, tuttavia essa ha interrotto un silenzio che durava da 85 giorni.
  • Il presidente Putin ha dichiarato all’agenzia TASS che:” “Nel corso dell’operazione speciale in Ucraina sono state ottenute prove documentate che testimoniano il fatto che venivano creati vicino ai nostri confini dei laboratori di armi biologiche…Ci sono estremisti in tutti i Paesi, eppure l’Ucraina ha fatto dei suoi nazisti degli eroi nazionali…Il neonazismo rampante è stato osservato da tempo in Ucraina, l’Occidente chiude un occhio su questo“.
  • Il segretario generale della NATO Stoltemberg ha dichiarato che:”…l’Ucraina può vincere la guerra”. Questa convinzione inizia a farsi strada anche tra le autorità di Kiev che in più occasioni hanno ribadito che l’obiettivo politico-strategico è la liberazione completa del Donbass e la riconquista della Crimea.

Livello operativo-tattico

Le operazioni in corso in Ucraina si svolgono su un fronte di circa 900 km da KHARKIV a MYKOLAYEV. Oltre alla linea di contatto sono fortemente coinvolte anche le retrovie di fronte dove sono state infiltrati piccoli reparti di fanteria/Forze Speciali e dove si sviluppa una consistente parte dello sforzo aereo. In particolare quest’ampia zona comprende l’intera Ucraina, la parte della Russia vicina al confine, la Bielorussia e il Mar Nero fino all’isola dei Serpenti.

Su questo fronte di quasi 900 km sono dislocate e combattono 27 brigate di manovra ucraine, composte da tre a cinque battaglioni, nonché alcune brigate di Guardia nazionale/territoriale distribuite in modo disuguale in linea e nei centri abitati. Queste forze sono sostenute da alcuni reggimenti o brigate di artiglieria e da sporadici interventi aerei.

Di fronte, le divisioni e brigate russe allineano per ora 95 gruppi tattici su 140 stimati come disponibili [1]. Alle forze regolari russe si devono sommare due cosiddetti Corpi d’Armata forniti dalle repubbliche separatiste equivalenti ad altri quindici gruppi tattici. A queste che sono definite forze di manovra si affiancano numerose unità di supporto al combattimento e logistiche. In particolare si tratta di brigate di artiglieria, missili e lanciarazzi. L’insieme può beneficiare ogni giorno di circa 2-300 sortite aeree sia di supporto aereo ravvicinato sia per l’interdizione del campo di battaglia.

Le forze sono dunque sostanzialmente bilanciate lungo tutto il fronte. Nei punti di maggiore attrito i battaglioni ucraini sembrano avere una qualità tecnico-tattica e una determinazione a combattere superiore degli omologhi russi che però compensarono questa inferiorità con una maggiore potenza di fuoco, in particolare di artiglieria. Entrambe le parti, soprattutto quelle ucraine, hanno il vantaggio difensivo di posizioni organizzate. In queste condizioni è difficile poter progredire e quindi ottenere nell’immediato effetti decisivi.

Da parte russa l’unico modo sarebbe raggiungere un rapporto di forze statico di almeno 2:1 in termini di gruppi tattici, almeno nei settori dove si è deciso di sviluppare i principali sforzi offensivi. Tuttavia le riserve, a livello sia tattico sia operativo, sono assai scarse, malgrado l’aver già recuperati quasi tutti i gruppi tattici resi disponibili dall’abbandono di KIEV, CHERNYHIV e SUMY.

Anche sul lato ucraino la disponibilità di riserve è piuttosto limitato – forse 5 brigate – considerando anche l’usura dei combattimenti a Kiev e nel nord-est. La vera riserva operativa ucraina proviene dall’aiuto occidentale, e principalmente americano, e dallo sforzo intenso di istruzione e di addestramento delle nuove reclute che può permettere, oltre ad alimentare le unità già impegnate, anche di costituire nuovi battaglioni.

Per il momento, in entrambi gli schieramenti, non si intravede altra soluzione che ridistribuire le forze lungo la linea del fronte, concentrandole nelle zone di attacco e accettando un’inferiorità nei settori ritenuti secondari. Senza dubbio spinti dalla necessità di ottenere risultati rapidi, sono stati i russi che hanno proceduto alle maggiori ridistribuzioni accettando una bassa densità di forze nei settori di KHERSON e di KHARKIV per concentrare quasi 50 gruppi tattici e unità di supporto al combattimento nella zona IZIUM e POPASNA e intorno alle tre città-obiettivo di SLOVIANSK, SERVERODONETSK e KRAMATOVSK. Di contro, in questo settore, le forze ucraine ammontano a circa 10 brigate di manovra ora inforzate dalla 17a brigata corazzata e da circa venti battaglioni di territoriali e guardie nazionali.

Il rapporto di forze è più equilibrato che nella regione settentrionale di KHARKIV, ma è a KHERSON che un eventuale successo tattico ucraino potrebbe avere conseguenze operative di livello (minaccia sulla Crimea, ripresa dell’intera area Sud mal difesa).

  • POTERE AEREO

Prosegue, se pur con minore intensità, l’offensiva aerea nell’ovest dell’Ucraina allo scopo di impedire o per lo meno rallentare il flusso di armamento e munizionamento occidentali verso l’area della battaglia in Donbass. Al riguardo obiettivo primario è rendere non operativa la rete ferroviaria. Inizialmente, tali operazioni sono state eseguite con missili da crociera come Kh-101 e Kh-555 (nome in codice ASCC/ NATO AS-15 Kent’). Questi sono stati lanciati esclusivamente da bombardieri strategici come Tupolev Tu-95 e Tu-160. Talvolta per il lancio dei missili sono stati utilizzati anche navi e sommergibili (missile 3M-54 Kalibr). A tale riguardo da parte ucraina le misure antimissile si sono rivelate sufficientemente efficaci, portando l’abbattimento in volo di numerosi missili balistici e cruise.

Man mano che le scorte russe si assottigliano sono stati utilizzati anche missili P-600 Onix/Yakhont del sistema di difesa costiera K-300P Bastion-P (SS-C-5 Stooge’), dai siti della penisola di Crimea occupata, oltre, naturalmente, missili balistici, come il 9K720 Iskander (SS-26 Stone’). Per salvaguardare le loro scorte di missili balistici e da crociera le forze russe hanno inoltre iniziato a impiegare anche i vecchi Kh-59 (AS-13 Kingbolt’), missili tattici a guida elettro-ottica con una portata di circa 100-150km.

SETTORE NORD

Area di KHARKIV: Le forze ucraine hanno liberato la città di KHARKIV, raggiungendo in alcuni punti il confine con la Russia. In particolare il 15 maggio, il 92º reggimento meccanizzato ucraino ha forzato le difese russe tra TERNOVA e il fiume SIVERSKY DONETS, raggiungendo il confine russo.

Area di IZIUM – L’obiettivo iniziale dell’offensiva di aprire una breccia nella difesa ucraina per consentire l’immissione di forze che verosimilmente avrebbero puntato a sud per realizzare l’avvolgimento delle brigate ucraine in difesa è lungi dall’essere conseguito. Lo sforzo principale dell’esercito russo sviluppato lungo due direttrici non manifesta significativi progressi malgrado un poderoso impiego di munizionamento e di uomini. In particolare:

  • lungo la direttrice IZIUM-LYMAN-RUBIZHNE, che punta al caposaldo difensivo di SEVERODONETSK, le forze russe hanno ormai raggiunto la periferia di quest’ultima città.
  • sulla seconda direttrice, che procede da IZIUM e LYMAN in direzione di SLOVIANSK-KRAMATORSK non si riportano invece significativi progressi da parte russa mentre numerosi contrattacchi locali da parte ucraina hanno imposto un severo tasso di logoramento agli attaccanti. In questa zona le forze russe hanno finora conquistato una sacca di 15 km a ovest e di 20 km a sud di IZIUM combattendo contro quattro brigate ucraine e sembrano per il momento aver rinunciato a impadronirsi di BARVINKOVE, punto chiave, 40 km a ovest di SLOVIANSK.

Le forze russe sembrano ora concentrare i loro sforzi offensivi sulle città di SLOVIANSK e SEVERODONETSK. A causa della dura resistenza ucraina e del non decisivo rapporto di forze i russi stanno conducendo due sforzi offensivi che, se anche se condotti contemporaneamente, appaiono separati e non facenti parte di un unico disegno di manovra.

In particolare:

  • lungo l’asse “SLOVIANSK”, nella sacca di IZIUM a ovest di SLOVIANSK, la 2ª divisione motorizzata “Guardie” controlla con il fuoco di artiglieria la 81ª brigata d’assalto aereo ucraina, ma senza attaccarla.

Lo sforzo principale è invece apparentemente condotto a nord-est di SLOVIANSK, lungo l’asse che da OLEKSANDRIVNA va verso la testa del ponte di OZERNE, il parco naturale SVIATI HORY e il fiume DONETS.

Da parte ucraina, a nord di SLOVIANSK, la 57a brigata motorizzata ucraina si è ritirata di una decina di chilometri e probabilmente nei prossimi giorni sarà difficile mantenere il controllo della città di LYMAN. A tale riguardo sembrerebbe che il 239° reggimento carri “Guardie” e il 228° reggimento motorizzato russi, entrambi appartenenti alla 90a divisione corazzata “Guardie”, stiano attaccando la città.

  • Lungo la seconda direttrice “SEVERODONETSK” le forze russe moltiplicarono gli attacchi alla periferia di SEVERODONETSK nonché a LYSYCHANSK e a KUPIANSK. Il il 13 maggio, il tentativo di attraversamento del fiume SIVERSKY DONETZ nei pressi del villaggio di BILOHORIVKA si è concluso con un fallimento. Nelle immediate adiacenze del ponte di barche gittato dal genio russo l’artiglieria ucraina ha distrutto l’equivalente di un gruppo tattico della 35a brigata motorizzata. Si ha inoltre notizia che anche le altre due o tre teste di ponte russe al di là del fiume sono state contenute/eliminate.

Figura 4. Il ponte di Bílogorívka distrutto dal fuoco ucraino

Qualche successo i russi sono riusciti a conseguirlo a nord di POPASNA dove i reparti del 150° divisione, rinforzati da due battaglioni di fanteria di marina e da distaccamenti del “gruppo Wagner”, sono entrati a KOMYSHUVAKHA (a nord di Popasna) e stanno spingendo su DRUZHBA (a ovest di Popasna).

SETTORE SUD

Area di ZAPORJIA – quest’area è più favorevole alle forze russe che qui dispongono di una quindicina di gruppi tattici contro quattro brigate ucraine di cui una di territoriale e una di guardia nazionale. La progressione russa è sensibile a ORIKHIV, a 30 km da ZAPORIJJIA e a HOULIAPOLE. Tuttavia, tenuto anche conto dell’alto valore impeditivo del fiume DNEPR in quest’area gli ucraini possono permettersi ancora qualche cessione di spazio. Le forze russe stanno concentrando le loro azioni sui nodi stradali e ferroviari allo scopo di rallentare o eliminare il flusso dei rifornimenti che dagli scali della città tenta di raggiungere il Donbass. Di tratta principalmente di azioni di fuoco condotte da artiglieria e da missili, ma non si riportano per ora altre significative azioni terrestri da parte di unità russe.

Area di KHERSON – La 49a armata corazzata combinata russa, che ha la responsabilità di questo settore, cerca di mantenere il controllo delle zone occupate principalmente attraverso l’impiego del fuoco, ma limitando le azioni di fanteria a locali puntate offensive. Le forze ucraine in questo settore sono stimate in cinque brigate di manovra appoggiate da due brigate territoriali/Guardia nazionale. Ad esse si contrappongono sette brigate/reggimenti russi con capacità operativa ridotta. Del preannunciato/possibile attacco in direzione di MYKOLAYEV e di KRYVYI RIH non c’è ancora traccia.

MARIUPOL –Nell’acciaieria AZOVSTAL i difensori continuano a resistere e i russi si sono decisi a pesanti bombardamenti d’artiglieria e aerei. Al momento la resistenza è poco più che nominale. Nei giorni del 14, 15 e 16 maggio si è provveduto all’evacuazione di alcuni civili e dei militari feriti. Questi ultimi sono stati evacuati da truppe russe verso la provincia di Donetz controllata da Mosca.


[1] Un gruppo tattico (in alcuni documenti denominato “gruppo da battaglia”) è mediamente costituito da 900 – 1200 uomini suddivisi in un battaglione corazzato rinforzato da reparti di fanteria meccanizzata e da un gruppo di artiglieria campale, in genere semovente che assicura al gruppo tattico il supporto di fuoco d’aderenza. 

L’ORSO RUSSO

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l’orso, tradizionalmente l’emblema della Russia.

Conosco cento modi per stanare un orso dalla sua tana, ma non ne conosco neppure uno per farcelo rientrare“. Otto Von Bismark

“Scusami, ma sono fatto così!” Esopo lo faceva dire al suo scorpione adagiato sul dorso della povera rana e anche noi ne facciamo quotidiana esperienza. Ebbene, i russi non sono né matti, né avventati, né criminali e neppure tanti altri aggettivi che in queste ore ci vengono in mente. Semplicemente sono fatti così. Dall’inizio della loro storia si sono sempre sentiti stretti da qualcuno che voleva annientarli. Prima i tartari, poi i turchi, gli svedesi, i polacchi, i francesi, i tedeschi e da ultimi…noi.Ora, a noi che in 60 milioni viviamo, uno sopra l’altro, in una striscia di terra di 360.000 chilometri quadrati, apparirà bizzarro che un popolo di 180 milioni di persone che abitano il più grande paese della terra (18 milioni di chilometri quadrati, il doppio degli USA, tanto per capirci) si sentano accerchiati, ma come ho detto in apertura, sono fatti così. Purtroppo quando si soffia su questo atavico sentimento i russi reagiscono molto male, perché è la loro natura. Certo lo sanno che la guerra porterà distruzione e povertà sia a loro sia ai poveri ucraini, ma secoli di zarismo, Stalin, Hitler e gli ultimi 60 anni di comunismo li hanno allenati a sopportare momenti duri; giorni difficili, anni di pena. E ne sono orgogliosi perché sanno che alla fine l’animo russo sopravvivrà e ne uscirà rafforzato. Putin dunque non è un pazzo, ma un russo a cui l’occidente giorno per giorno ha stretto attorno al collo una ruvida cravatta di stati ostili. Dopo il 1989 gli Americani – gente molto, molto diversa dai russi – hanno fatto di tutto per umiliare una nazione già sconfitta dalla storia e piegata dall’economia. Mi riferisco all’allargamento a est della NATO. Polonia, Cecoslovacchia, Ungheria e poi Romania, Bulgaria, gli stati baltici… è stata tutta una gara ad aggiungere cani alla muta di quelli che già abbaiavano all’orso. Ma l’orso è pur sempre un orso e quando l’ultimo cane, quello a lui più vicino ha dichiarato di voler unirsi alla muta, ha reagito nell’unico modo che conosce: la forza.Ora piangiamo la violenza con cui si muove e vorremmo riportarlo nella sua gabbia, ma l’abbiamo tirato fuori noi da lì. E come ogni orso ha fatto scorte di grasso prima dell’inverno a cui le nostre inutili sanzioni credono di condannarlo. La Russia ha riserve di valuta, manufatti, oro, cibo almeno per i prossimi sei mesi. Noi europei siamo sicuri di poter dire lo stesso? Credo di no. Con la benzina a 2,5 euro, bollette del gas da 600 euro a famiglia, la pasta a 2 euro al mezzo chilo e via così non abbiamo il grasso dell’orso. Dopo 2 anni di Covid, la fame e l’indigenza che il modello americano ci aveva illusi fossero estinti in questa parte del mondo ritorneranno e sarà quello il momento in cui ci rivolgeremo contro gli USA che reggono i nostri guinzagli e inizieremo ad abbaiare contro di loro accusandoli di averci mandati contro un orso troppo grande e con denti troppo lunghi. E poi inizieremo ad abbaiare uno contro l’altro per un osso, per spingere verso qualcun altro i profughi morti di fame per i quali manifestavamo e illuminavamo monumenti e forse inizieremo a capire come l’alleanza, anzi l’unione che ci siamo costruiti è una casa di carta. Nell’Unione Europea apparirà lo scheletro fatto di banche, di soldi e di obblighi commerciali. Qualcuno penserà anche che abbiamo avuto 50 anni per dargli un’anima ma abbiamo preferito dargli una moneta.In queste ore ci chiediamo quanto durerà la guerra. E chi lo sa? Putin ce la farà contro l’Ucraina? E chi lo sa. Il conflitto si allargherà in una guerra di più vasta portata? E chi lo sa. Entreremo in guerra? Ci bombarderanno? Ancora…e chi lo sa.Diffidiamo degli esperti che ci dipingono quadri precisi per i prossimi mesi perché è nella natura della guerra mutare, cambiare, evolversi in nuove forme tutte terribili, tutte feroci. La guerra finisce quando ha mangiato quello che voleva mangiarsi e non un minuto prima. Può darsi che questa alla fine si mangerà Putin, oppure la NATO o anche la stessa Unione Europea, ma di sicuro non ritornerà nell’oscuro bosco della paura senza aver divorato qualcosa o qualcuno. Forse noi stessi.